54_bigIn una torre lontana, così recita la quarta di copertina de “Il labirinto d’ambra”, Plesio Editore 2013 (seguito de “La radice del rubino”, sempre Plesio Editore, 2012), attende, prigioniero in una torre, un giovane principe dai capelli bianchi che Manfredi, cacciatore di taglie di poche parole ma dalla volontà ferrea, deve riportare a casa per incassarne la ricompensa: non potrà farlo da solo, e dovrà dunque affrontare il difficile viaggio attraverso montagne invalicabili, sentieri nascosti, città in rovina e mari misteriosi in compagnia di un gruppo eterogeneo.

La trama non smentisce la premessa: “Il Labirinto d’ambra” promette e mantiene, riuscendo a catturare l’attenzione del lettore grazie alla bravura che l’autrice ha avuto nel costruire un mondo complesso e vario in cui il presente s’intreccia abilmente alla tradizione, alla storia, alla filosofia e alla magia.
Il linguaggio ricorda quello di un’antica fiaba popolare, con un’atmosfera a metà strada fra il mito d’ispirazione greco-romana e gli antichi racconti medievali. Belle ed efficaci anche le caratterizzazione dei personaggi, descritti in pochi ma incisivi tratti. Molto accurate anche le descrizioni dei luoghi e degli ambienti: leggere è come chiudere gli occhi e vedere la scena comparire davanti ai tuoi occhi, complice una geografia studiata meticolosamente e toponimi originali, frutto di uno studio preciso.

Anche i tempi sono concepiti benissimo: molto spesso il racconto s’interrompe per delle digressioni e per introdurre storie di altri personaggi, ma le sottotrame non insabbiano mai la storia, semmai la arricchiscono, la fermano al momento giusto per poi farla ripartire proprio quando deve.
A Gloria Scaioli piace scrivere (e leggere) e si vede, a volte anche troppo: se proprio devo trovare un difetto (il pelo nell’uovo, insomma), è l’eccessivo crogiolarsi nella forma e nelle figure retoriche rischia di rendere in qualche punto poco fluido e un po’ troppo “solenne” il linguaggio. Questo accade più spesso nei discorsi diretti, che a volte risultano poco realistici e non immediati, assoggettati al tentativo dell’autrice di far dire ai personaggi sempre qualcosa di “storico”. E i personaggi, o meglio, il gran numero di personaggi, rappresenta secondo me un altro piccolo problema, non di struttura ma logistico: i personaggi sono tanti, come i cambio scena, e questo a volte disorienta (ma in realtà l’autrice ha pensato anche a questo, infatti ha inserito un riassunto del volume precedente e un un’appendice dei personaggi, pensando, giustamente non solo a se stessa ma ai suoi lettori che così riescono a districarsi nella marea di volti e storie).

Insomma, “Il labirinto d’ambra” è un romanzo scritto molto bene, che merita di essere acquistato e letto, curato nei dettagli e confezionato a dovere: a questo proposito un plauso va alla Plesio Editore, per la qualità dell’editing e in generale della collana, che ne garantisce la serietà come Casa Editrice! Infine una piccola nota sulla grafica: finalmente una copertina di buon gusto (personalmente la trovo bellissima e molto evocativa), nella marea di bruttissime copertine che si vedono in giro!

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