Amo i libri, un po’ meno le persone, per questo il Salone del Libro di Torino rappresenta una bella lotta interiore per la sottoscritta. Frotte di libri (che bello!) e frotte di persone (oh, no!) sono i due sentimenti antitetici che provo ogni volta che varco l’ingresso del Lingotto Fiere (quest’anno è stata la terza volta: la prima nel 2015, la seconda nel 2024).

Non è un paese per solitari… o sì?

Devo dire, a volte la misantropia grida un pochino più forte, perché per me l’amore per i libri è sempre stato qualcosa che per sbocciare e attestarsi al suo grado massimo necessita di silenzio, isolamento, tranquillità. Tutto il contrario di una fiera libresca, insomma.

Eppure, la grande magia del Salone del Libro di Torino è proprio questa: dopo un po’, il vociare, le persone che ti vengono addosso come rulli compressori, quelli che cercano di scroccarti firme e donazioni, autori che sembrano venditori di calzini e ti inseguono cercando di appiopparti la loro opera… scompaiono, sono solo un elemento accessorio, tutto è occupato da una marea di pagine e copertine e autori di cui manco conoscevi l’esistenza, ma che adesso vuoi portare a casa con te.

Tutto diventa normale, l’udito si adatta al frastuono, non ti preoccupi più di pestare i piedi altrui per sbaglio, tanto manco gli altri si preoccupano di pestare i tuoi e così avviene la trasformazione: ti adatti a quel gran caos fatto di copertine, pagine, parole, eventi, spinte e rimbalzi. Non è che sopporti, proprio non ti dà più fastidio. Sei parte della variante di quella popolazione che la Natura ha selezionato per la sopravvivenza. L’Homo Libris. Halleluja.

Che cosa sono andata a fare al Salone del Libro di Torino 2025?

Quello che faccio ogni giorno: tentare di conquistare il mondo (dell’editoria). A dire il vero no, non lo faccio ogni giorno, ho ripreso solo recentemente a scrivere e pubblicare. Mi è mancato tanto. Che cosa hai fatto in tutti questi anni, Noodles? (cit. Sergio Leone) direte voi. A parte andare a dormire presto (cit. Proust), ho letto e letto e letto e studiato e parlato con Carmine di libri e cinema e politica e all’improvviso, la voglia è tornata (ma questa è un’altra storia e sarà raccontata altrove.)

Dicevo.

Questa è soltanto la terza volta per me al Salone del Libro di Torino. La prima volta è stato nel 2015, era appena uscito La Compagnia della Triste Ventura, primo volume della saga fantasy Armonia di Pietragrigia, il mio primo libro pubblicato da una Casa Editrice (che oggi definire una casa editrice mi fa un po’ ridere perché al massimo era uno stampatore e pure abbastanza scalcagnato, ma passiamo avanti, ero un’ingenua fanciulla e almeno ho imparato che cosa NON è una CE – se ve lo state chiedendo no, non era un EAP, quelli sapevo riconoscerli per fortuna).

A quei tempi non sapevo che fare allo stand, non sapevo che dire, mi sentivo un po’ ridicola, “vendere libri non è come vendere il pesce” pensavo e poi io non so vendere nulla, anzi, sono un deterrente. Uguale a ora, insomma. Però è stata un’esperienza bella e intensa, che non si è ripetuta fino al 2024, quando finalmente assieme a Carmine sono tornata al Salone, da lettrice. L’anno scorso c’è stata la leggerezza del non essere coinvolta come autrice, ho ripreso contatto con il mondo confuso, colorato, spesso un po’ ingiusto dell’editoria e andando ho espresso un desiderio: “l’anno prossimo tornerò con un mio libro pubblicato”.

Non sono proprio una maga della visualizzazione creativa (quella tecnica per cui tu pensi intensamente a qualcosa che vuoi e così, pensando pensando, la ottieni… a me però succede con le sfighe), ma questa volta c’ho azzeccato. Sul treno del ritorno a casa, ho conosciuto la direttrice della collana romance-chicklit di PAV Edizioni, Annalisa Baeli (anche bravissima autrice, qui potete acquistare il suo ultimo libro) e il primo e unico romanzo chick-lit (ma che io considero più vicino a Nick Hornby che a Sophie Kinsella) da me scritto, Dafne & l’Amore, ha trovato casa.

Non mi dilungo qui su Dafne: in questo articolo ne ho parlato abbastanza e poi trovate altre informazioni in questa pagina.

L’esperienza di quest’anno al Salone, e veniamo all’oggetto dell’articolo anche se vi avevo avvisato fin dal titolo che si trattava di un report emozionale, dunque totalmente sballato considerando il mio variopinto spettro emotivo, allo stand di PAV Edizioni è stata bellissima. Ho conosciuto altri autori che, come me, mi hanno confessato di non saper vendere una cippa. Che bello sentirsi meno soli. E che però comunque hanno venduto (come me), perché supportati da un editore che ha a cuore il suo lavoro (e infatti le edizioni dei libri sono davvero bellissime e curate) e anche i suoi autori, che partecipa alle fiere e si fa sentire sui social. Insomma, finalmente una CE come si deve.

Detto ciò, vendere i miei romanzi continua a provocarmi un profondo disagio. Benché negli anni io abbia imparato a parlare in pubblico, a spiegare, a trasmettere l’amore per questo lavoro e per i libri, quando si tratta di vendere i miei faccio proprio pena. Nonostante me, comunque, Dafne & l’Amore è andato sold-out il secondo giorno di Salone e dunque hip hip urrà.

(Per i maligni che vedo sghignazzare e pontificare nell’ombra: sì, non è stato il sold-out di 1000 copie, ma fossero stati pure 5 i libri venduti, è comunque una bella soddisfazione sapere di essere stata scelta in quel marasma di libri e autori molto più blasonati e pubblicizzati del mio.)

Ho comprato tanti libri, troppi (ma i libri sono mai troppi?)

Mi viene da piangere per quanti libri ho in lista d’attesa. A volte li immagino che parlano tra loro, tirando a indovinare a chi toccherà finalmente, “mi ha appena comprato, sembrava così presa!” dice uno, gli risponde il mattone di Balzac acquistato quindici anni fa: “fa così con tutti e poi non richiama.”

Comunque, se fossi credente per me il Paradiso sarebbe fatto come il Libraccio, solo coi libri gratis dai, o con una carta di credito infinita. Libri, alcuni rarissimi, a metà prezzo, edizioni storiche e un fornito catalogo Adelphi di libri usati (alcuni anche usatissimi) che ti consente di rimpolpare lo scaffale Adelphi senza dover aprire un mutuo.

Non ho trovato – ovviamente – la prima versione di Harry Potter in copertina morbida dal quinto volume in poi ma diciamo che a quello ormai ho rinunciato, però ho trovato due Roberto Calasso che cercavo da una vita: Le nozze di Cadmo e Armonia (uno dei libri Adelphi che ho amato di più) e Ka, altro Adelphi.

Gli altri presi sempre al Libraccio sono: Ritratto dell’artista da giovane di James Joyce, La città del sole di Tommaso Campanella, Canne al vento di Grazia Deledda e La signorina cuori infranti di Nathaniel West.

Ora, vorrei proprio tanto ricordare il nome dello stand dove ho preso: John Stuart Mill – La servitù delle donne (che mi serve per la quarta puntata del mio podcast Go Girl! Storie di donne ribelli, nella quale parlerò di Harriet Taylor Mill, sua moglie), Thomas More – Utopia, Voltaire – Zadig, ma proprio non mi sovviene.

Poi passando da Feltrinelli, mi sono accaparrata una coppia di libri che cercavo da una vita in versione tascabile e quindi pagati una sciocchezza: Instant Greco Antico e Instant Latino. Perché per me le lingue morte sono vivissime. Della stessa serie ho preso (a dire il vero li ha presi Carmine, ma siccome condividiamo anche la libreria, sono pure miei) Instant Geopolitica e Instant Grammatica, perché non è mai troppo tardi per capirci qualcosa di quello che succede nel mondo e nella nostra lingua.

Allo stand di PAV Edizioni ho preso l’ultimo spicy romance (cioè piccante, cioè pieno di scene di sesso ma anche romantico) di Annalisa Baeli e mi è stato gentilmente donato dall’Editore un’altra nuova uscita, E poi arrivi tu di Carmen S.

Infine, nel meraviglioso “Bosco degli scrittori” come sempre allestito da Aboca Edizioni, ho acquistato (sempre Carmine, ma con il mio entusiastico tifo) Botanica di Stefano Mancuso.

Vi parlerò meglio di tutti questi libri su Instagram se, come dice Neri Marcore imitando Alberto Angela, “avrete la pazienza di seguirmi”. E magari su TikTok che ho appena riaperto (senza averlo mai usato peraltro, perché al primo approccio l’ho trovato completamente idiota… ma ecco, credo che possa essere usato anche bene dai. Speriamo).

Nella foto che segue ho inserito tutti i libri presi da me e Carmine al Salone, ma nella foga ci ho piazzato pure quelli che stiamo leggendo (Maniac di Labatut, Carmine; Gli anni di Virginia Woolf, io).

Quali incontri ho seguito?

Dal momento che non riesco mai a prenotarmi in tempo, anche quest’anno mi sono affidata ad uno dei principi cardine del mio lifestyle: l’improvvisazione. Così facendo, abbiamo potuto vedere da – abbastanza vicino pur con un’acustica a volte pessima – Corrado Augias, Massimo Giannini, Altan.

Seduti comodamente, invece, abbiamo assistito a un bel dibattito su immigrazione, cittadinanza e giustizia sociale tra la scrittrice e giornalista Lea Ypi, autrice di Confini di classe e Giovanni De Mauro e, soprattutto, a un favoloso omaggio a Roberto Bolaño, di cui sono stati recentemente pubblicati altri 17 racconti inediti nella grande raccolta Adelphi di tutti i racconti.

A omaggiare uno dei più grandi di sempre, la traduttrice Ilide Carmignani e il giornalista Michele De Mieri, che sono stati davvero superlativi (in diversi momenti mi sono venute le lacrime, per fortuna avevo gli occhiali da sole).

Dove ho mangiato al Salone del Libro?

La risposta è semplice: non ho mangiato. Ho saltato rigorosamente il pranzo, non mi piace fare file chilometriche, figuriamoci per mangiare un panino gommoso. Mi sono conservata lo stomaco per le cenette deliziose nella meravigliosa Torino. Al Salone ho giusto usufruito dell’acqua presa gratuitamente alle fontanelle SMAT collegate alla rete dell’acquedotto (facendo poca fila negli orari strategici) e del caffè.

Quindi, riformuliamo: dove ho mangiato a Torino? Ecco, ve lo dico qui sotto.

Pescheria Gallina: a Torino ce ne sono due, noi siamo stati alla pescheria Gallina 2, in via Baretti, l’altro si trova in Piazza della Repubblica. Propone a pranzo e a cena, ogni giorno un menù diverso (che varia a seconda del locale che sceglierete) con un piatto a scelta tra un primo e tre secondi della tradizione casalinga, con prodotti a km 0, verdura acquistata dai coltivatori diretti e pasta prodotta nel pastificio del mercato.

Tutti i prodotti costano € 17,00, comprensivi di un bicchiere di vino, focaccia di produzione propria e acqua libera microfiltrata (per combattere l’uso della plastica). Il personale è gentilissimo e disponibile e l’orata al forno che ho mangiato era deliziosa.

Il Mannarino, ristorante e macelleria: Anche del Mannarino ce ne sono due, noi siamo stati a quello di via IV Marzo e poi c’è Il Mannarino della Rocca. Nato a Milano, questo ristorante ti accoglie con un fornitissimo banco macelleria dove potrai scegliere il taglio che preferisci (che viene messo via davanti a te), il contorno, le bevande. Poi sarai accompagnato al tavolo e buon appetito! I costi sono molto accessibili e il personale simpatico e gentile. Alla fine, ti offrono anche gli amari.

Cheers birreria gourmet: trovandosi nei pressi di casa di mio fratello, siamo diventati degli habituè. Taglieri e hamburger al piatto davvero buonissimi, come i vini e le birre.

Ah, una visita allo store della Ziccat – l’arte del cioccolato dal 1958 in via della Bardonecchia che si trova all’interno della sede della storica fabbrica: cioccolata deliziosa, di tutti i tipi. Si può anche prenotare la visita al laboratorio, che comunque è ben visibile dal negozio (mi aspettavo da un momento all’altro di vedere spuntare degli Umpa-Lumpa ma nulla).

Cos’altro ho visto a Torino?

Mah, cosette: per esempio, il più antico museo del mondo dedicato agli Antichi Egizi, la mostra di uno dei più grandi fotografi della storia

Il Museo Egizio di Torino è una tappa obbligatoria, anche se non siete degli esperti di storia, è proprio l’esperienza di questo meraviglioso museo, diretto egregiamente dal 2014 da Christian Greco, attraverso 4000 anni di storia, arte e archeologia a essere unica nel suo genere. Basti pensare che è considerato, per valore e quantità dei reperti, il più importante al mondo dopo quello del Cairo.

Dicevo, anche senza essere degli esperti (e diciamo pure che i musei sono rivolti a chi non conosce un argomento e vorrebbe saperne di più… almeno così dovrebbe essere) il Museo Egizio di Torino vi accoglie con un’esposizione chiara e meticolosa, audioguide scaricabili sul telefono gratuite e un approccio divulgativo ma rigoroso. Sostengo da sempre che la cultura (umanistica e scientifica) dovrebbe assumere un linguaggio accessibile a tutti e non essere l’ostentazione di un paio di baroni frustrati (come alcuni miei ex professori e professoresse di Archeologia).

La mostra di Henri Cartier Bresson al Camera – Centro Italiano per la Fotografia è stata la ciliegina sulla torta di un weekend semplicemente perfetto. 160 fotografie e materiali di archivio per mostrare il viaggio intenso che Cartier-Bresson ha compiuto in Italia (toccando anche Salerno) nei primi anni ’30, quando ancora voleva diventare un pittore ma non sapeva che sarebbe diventato uno dei più grandi fotografi di tutti i tempi.

E questo è quanto signore e signori

Che dirvi di più, se non che:

  1. Al Salone del Libro dovete andare, se amate i libri e anche se non amate troppo le persone. Perché la misantropia passa ma le storie restano.
  2. A Torino dovete proprio andare anche senza Salone del Libro, perché è una delle città più belle e colte d’Italia
  3. Se vi va, leggete la trama di Dafne & l’Amore, così, per curiosità. E poi se vi convince, lo trovate in edizione deluxe (con le alette, super-bellissimo) e inserendo il codice AUTORI2025 lo comprate con uno sconto del 10%, qui in versione economica (ma sono solo due euro in meno, conviene l’edizione deluxe, poi vedete voi) e qui in versione ebook (a 0.99 euro). Sono più brava a propormi per iscritto che a voce.
Cover Dafne e l'amore pav edizioni

Dafne & L’amore, la trama

Dafne, trentenne rockettara e misantropa è alla ricerca dell’uomo perfetto, del lavoro ideale e di una vita felice. Sul suo cammino, però, si mette il Natale, che, a quanto pare, le porta sempre un po’ sfiga. Sognatrice e romantica (anche se finge di no), con la testa fra le nuvole e un linguaggio da scaricatore di porto, Dafne, nel tentativo di raggiungere i suoi (irrealistici) obiettivi, riesce a combinare un guaio dopo l’altro. Per fortuna c’è Luca, detto “Jim”, sempre pronto a salvarla dai disastri in cui s’infila. Una serie di situazioni paradossali che svelano il lato più comico e folle dell’amore.

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