Ho deciso di iniziare a raccontare la mia esperienza come autrice di libri. Perché, vi chiederete?  Non se ne sentiva il bisogno. Ci sono caterve di diari di scrittori/scrittrici di cui non ce ne importa una mazza.

Sì, lo so. Ci si sente così.
Sì, lo so. Ci si sente così.

Beh, succede qualcosa quando passi dallo scrivere per passione ad essere uno che “ha pubblicato il suo primo libro” (anche se lo hai pubblicato sui rotoloni Regina). Che cos’è questo qualcosa? Sono diverse cose. E’ come ti senti tu. Le speranze. Le paure. E’ come ti vedono gli altri. E’ come ti vedono i parenti (scuotendo la testa, disperati pure loro). E’ come ti vedono gli amici (per i quali, dopo il primo momento di entusiasmo, sei diventato “colui che ha pubblicato un libro” da evitare come la peste se no poi sei costretto a comprartelo).

La reazione degli amici quando ci vedono arrivare
La reazione degli amici quando ci vedono arrivare

Raccoglierò qui tutte le mie esperienze, perché scriverle le farà sembrare un po’ più reali (visto che alcune varcano agilmente i confini del noto per avventurarsi nella pura fantascienza).

Nella puntata di oggi, facciamo un po’ di sana autocritica. Il mondo dell’editoria sarà pure popolato di viscidi approfittatori, squali assetati di soldi e imbroglioni, ma pure noi autori abbiamo qualche colpa.

Partiamo dal primo punto: di cosa scrivere?

Hai avuto una vita spericolata, una vita come Steve McQueen? No? Allora evita l’autobiografia.

No, ho detto che non voglio conoscere la storia della tua vita.
No, ho detto che non voglio conoscere la storia della tua vita.

Sono convinta che scrivere possa essere considerata una “valvola di sfogo” solo se non si ha intenzione di pubblicare. Se invece lo scopo è quello di farsi leggere, beh, è verità universalmente riconosciuta che le nostre pippe mentali, i traumi infantili e la weltanschauung personale non rientrano fra gli oggetti d’interesse della maggior parte dei viventi.

Una cosa è prepararsi la torta di compleanno e mangiarsela da soli, un’altra è confezionarne una destinata ad essere venduta.

E’ il momento dell’esperienza personale:

una volta uscivo con un tipo problematico (=noioso) e avevamo una storia problematica (=noiosa) che a me sembrava perfetta per essere descritta in un romanzo (non era così ovviamente, la storia, l’ho già detto, era NOIOSA). Così ne venne fuori un polpettone medio-lungo di terribili pippe mentali autobiografiche in cui morivano tutti o quasi e che solo mia sorella (bontà sua) ebbe il fegato di portare a termine. Era scritto per me stessa, per sentirmi protagonista di un romanzo, perché in quel momento avevo bisogno di mettere per iscritto quello che provavo, perché mi sentivo melodrammatica e quel romanzo ora giace nel profondo dei miei scatoloni pieni di romanzi abortiti.

Strano, era una storia così avvincente!
Strano, era una storia così avvincente!

Il romanzo è un genere di intrattenimento.

Un romanzo viene pubblicato con un unico scopo: divertire, dove per divertire non s’intende far ridere a crepapelle (quelle sono le barzellete) ma, appunto, intrattenere.

Dovremmo puntare a quello, non a “liberare il nostro spirito incatenato dalle nebbie del passato”, non a “emettere linfa vitale attraverso le dita”, non a “domare la nostra anima traboccante di storie”.

Scriviamo perché abbiamo una storia che vogliamo far leggere a gente che intende pagare per farlo: il modo in cui la storia viene fuori è ininfluente, ciò che conta è che sia scritta pensando anche al lettore, non soltanto a se stessi.

Questo non vuol dire che bisogna scrivere libri come se si producessero bulloni in fabbrica. No. L’ispirazione, il fuoco che abbiamo dentro sono cose importantissime, fondamentali, direi. Cambia tutto però quando decidiamo che quel fuoco deve essere sentito anche da altre persone, estranei che nella maggior parte dei casi non sanno nulla di noi. Per quegli estranei conta la storia, non quello che ci ha portato a scriverla.

Tutto qui.

Voi che ne pensate?

Nella prossima puntata vi racconterò le migliori reazioni della gente alla pubblicazione del mio romanzo e le migliori domande (qui la pagina facebook: Armonia di Pietragrigia)

 

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