L’opera completa di Friedrich Nietzsche e la collana di classici inaugurata da “La vita e le avventure di Robinson Crusoe” di Daniel Defoe: così nasce Adelphi.

Il nome viene dal greco ἀδελφοί (fratelli), il logo è il pittogramma cinese della luna nuova, le copertine sono opera dell’illustratore ottocentesco Aubrey Beardsley, contemporaneo di Oscar Wilde.

Tra i nomi di spicco, legati alla vita della Casa Editrice, c’è quello di Roberto Calasso, uno dei più colti e importanti intellettuali italiani.

Ripercorrendo la storia della Casa Editrice, Roberto Calasso scrisse:

“Un buon editore è quello che pubblica circa un decimo dei libri che vorrebbe e forse dovrebbe pubblicare. Le opere religiose e mitologiche del catalogo Adelphi dovrebbero perciò essere viste come indicazione di un tracciato dove, in ogni direzione, ai libri presenti si accompagnano molti libri virtuali, come ombre amiche. E vorrei aggiungere che un buon editore è anche quello nei cui libri queste ombre amiche vengono naturalmente e irresistibilmente suscitate. Ci fanno cenni da luoghi remoti, da spazi che sono tuttora immensi, in attesa di essere di nuovo evocate, nella forma usuale di pagine da leggere.”

Riassume perfettamente il ruolo profondo dell’Editore: che non è (o non dovrebbe essere) quello di stampatore seriale, ma di “facilitatore di cultura”, una specie di mago capace di mostrare al lettore l’esito luccicante di un incantesimo senza svelarne tutti i trucchi, costringendolo, anzi, a scendere fra le ombre al di là della luce per cercare da solo la soluzione.

(In foto, parte della mia preziosa collezione Adelphi)

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