buon-junkieOggi finalmente torno ad aggiornare il blog. I giorni appena trascorsi sono stati pieni di cibo e appuntamenti, non ho avuto quasi il tempo di sedermi davanti al pc. In ogni caso, eccomi qui con una recensione di un libro letto diversi anni fa ma di cui non avevo ancora parlato. Si tratta di un libro che, fino a che non mi ci sono messa d’impegno, non sono riuscita a giudicare bene. Mentre leggevo, ricordo che pensavo: “Non so se mi piace o se mi sta facendo schifo”. In ogni caso, oggi finalmente riesco a mettere un po’ d’ordine fra i miei incasinatissimi pensieri, ed ecco qui cosa penso di Sotto la pelle di Michel Faber, scrittore olandese che ha esordito proprio con questo libro. Di questo autore ho letto anche Il petalo cremisi e il bianco, che recensirò prossimamente (spero!) 

Attenzione, ci sono spoiler!

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Titolo: Sotto la pelle
Autore: Michel Faber
Traduttore: L. Lamberti
Editore: Einaudi
Collana: Einaudi. Stile libero big
Anno edizione: 2004
Pagine: 268 p. , Brossura
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BELLO!
BELLO!

«Un libro fuori dal comune… Nella scrittura di Faber niente è ciò che sembra. La qualità piú significativa di Sotto la pelle è che all’interno di questo incubo, Faber ci costringe a identificarci con la sua protagonista non umana, e, attraverso lei, ad addentrarci in una complessa trama che tocca nel profondo i problemi della condizione umana».

The Times

«Una storia strana e misteriosa come poche, i cui segreti vengono svelati a poco a poco, come stimoli surreali centellinati con trasognata precisione. La scrittura di Faber è di una severa limpidezza».

The Independent

la-mia-rece

Non lo inserirei fra i migliori libri del secolo, ma è comunque un bel libro. Ecco la mia conclusione.
Intanto, è una storia che stupisce. L’autore riesce a seminare dettagli durante la narrazione e “il grande mistero” comincerà a essere chiaro dopo poco più della metà del libro. É una sorta di decalogo del vegano, non forzato, non stucchevole, non presuntuoso, sicuramente intelligente e capovolge i ruoli consueti: in questa storia Isserley, la piccola e bionda protagonista che raccoglie autostoppisti grandi, grossi e muscolosi, non è la vittima, ma il predatore. In questo senso, la storia tende a sottolineare anche la stupidità della misoginia.

Lo stile è impeccabile, così come la psicologia dei personaggi, lo si capisce dal riuscitissimo gioco di identificazioni, una mappa di sentimenti contrastanti che l’autore riesce a farci seguire assieme alla protagonista: ci si identifica con Isserley, l'”umana” (in un universo parallelo dove la razza dominante è un’umanità dotata di coda, pelliccia e quattro zampe) che per poter andare a caccia di vodsel (gli abitanti del pianeta Terra che da Isserley sono visti come esseri inferiori votati alla soddisfazione degli appetiti della sua razza) ha dovuto subire decine di orribili mutilazioni per potersi trasformare da una bellissima umana a quattro zampe, ad una femmina di vodsel, che si regge su una schiena più o meno dritta ed è costretta ad indossare spesse lenti per nascondere il vero colore dei suoi occhi.

Isserley va a caccia di autostoppisti, una specie particolarmente adatta a finire sulle tavole degli “umani” più ricchi.
Ci si identifica in Isserley, come falsa femmina di vodsel, nella sua triste e grottesca caricatura di essere umano.
Poi ci si identifica in Isserley, come umana, razza superiore, dotata di un fisico atletico un tempo, di una folta pelliccia, di speranze e sogni.
Ci si identifica nei tanti vodsel incontrati lungo il cammino, stupidi o rozzi, timidi o spavaldi (perché sappiamo la fine che faranno tutti, ce la aspettiamo, tifiamo per loro, perché ci sentiamo in trappola anche noi, perché il pensiero di essere catturati, messi all’ingrasso, mutilati e infine cucinati ci fa orrore).
Ci si identifica nella disperazione di Isserley e in quella dei poveri vodsel “lavorati”.
Il gioco di scambio di personalità è talmente complesso che non conta molto se si tratta di un uomo o un animale: sotto la pelle, siamo tutti uguali.

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