buon-junkie È di nuovo lunedì. Un lunedì piovoso perfetto per i tre incipit che vi propongo oggi. Io amo moltissimo Halloween. Halloween, come molti di voi sapranno, affonda le radici nella festa di Samhain, il Capodanno celtico, che celebra la fine dell’estate. La fine della stagione della prosperità è anche legata al mondo dei morti e quindi col tempo ha assunto le caratteristiche macabre (e commerciali) che conosciamo oggi. Questa premessa per spiegarvi il filo conduttore dei tre incipit di oggi: la paura. Ho scelto per voi tre dei racconti del terrori più belli mai letti! Li conoscete? Se non li avete ancora letti, vi consiglio di farlo proprio in questo mese dedicato ai morti, alle streghe, ai fantasmi e alla paura!

Ligeia di E. A. Poe

Sul mio onore, non mi riesce di ricordarmi come quando e persino dove feci la conoscenza di lady Ligeia. Da allora sono passati molti anni, e il molto soffrire mi ha indebolito la memoria. O, forse, non posso più rievocare ora quei momenti perché, in verità, l’indole della mia amata, il suo raro sapere, il tipo singolare eppur calmo della sua bellezza, e la vibrante, penetrante eloquenza del suo parlare profondo e musicale, si fecero strada nel mio cuore in modo così costante e furtivo ch’io non vi badai e non ne ebbi conoscenza. Credo tuttavia di averla incontrata per la prima volta e molto spesso di poi in un’antica grande città che cadeva in rovina sulle rive del Reno.

La storia di Lady Ligeia è uno dei miei racconto preferiti di Poe, ha talmente colpito la mia immaginazione che per molto tempo “Ligeia” è stato il mio nickname nel www. Cosa ho apprezzato di questo racconto? Il terrore romantico: un uomo, innamoratissimo, perde la donna della sua vita. Le giura amore eterno e lei lo prende in parola, tanto da ritornare dalla morte per restare sempre con lui. Ossessione in vita, ossessione anche in morte. All’amore si aggiunge la follia. Romantico, pauroso, folle: in perfetto stile Poe.

Trovate Ligeia nella deliziosa edizione “minimammut” della Newton Compton, che ho anche io!

Giro di Vite di H. James

Il racconto ci aveva tenuti attorno al focolare col fiato sospeso, ma a parte l’ovvia osservazione ch’esso era raccapricciante, come doveva essere una strana narrata la vigilia di Natale in una vecchia casa, non ricordo che suscitasse alcun commento finché qualcuno disse ch’era quello il primo caso in cui s’imbatteva d’una simile esperienza toccata a un fanciullo. Si trattava bene, se ben ricordo, di un’apparizione in una casa altrettanto vecchia di quella in cui eravamo riuniti per l’occasione – una visione spaventosa apparsa ad un bambino che dormiva nella camera di sua madre e che l’aveva svegliata terrorizzata; svegliata non per vincere il suo spavento e per farsi teneramente riaddormentare, ma perché lei stessa, prima di riuscirvi, si trovasse davanti alla medesima visione che l’aveva sconvolto. Fu questa osservazione a provocare da parte di Douglas – non immediatamente, ma più tardi nella serata – una risposta che ebbe l’interessante conseguenza su cui richiamo la vostra attenzione. Qualcun altro aveva preso a raccontare una storia non particolarmente interessante ed io mi accorgevo ch’egli non ascoltava. Ciò mi fece capire che anch’egli aveva qualcosa da dirci e che si trattava soltanto di aspettare. Aspettammo infatti due sere: ma quella sera stessa, prima che ci separassimo, egli accennò a quel che aveva in mente.
«Sono d’accordo nei riguardi del fantasma di Griffin o di quel che fosse, che l’essere apparso prima al bambino d’un’età così tenera, aggiunge alla vicenda un fascino particolare. Ma per quanto ne so, non è la prima volta che un fenomeno tanto affascinante coinvolge un bambino. Se la presenza d’un bambino dà effettivamente un altro giro di vite, che ne direste di due bambini?»
«Diremmo, effettivamente,» esclamò qualcuno, «che sarebbero due, i giri di vite. E poi che vogliamo conoscere la storia.»
Mi sembra ancora di vedere Douglas davanti al camino, le spalle al fuoco, le mani in tasca mentre guarda dall’alto in basso il suo interlocutore: «Nessuno finora, all’infuori di me, ne ha mai udito nulla. E’ semplicemente troppo orribile».

Se volete leggere una vera storia di fantasmi, dovete leggere questa. Herny James racconta una vicenda fatta di macabre apparizioni, odio, solitudine. E se ci sono bambini dall’aspetto angelico ma il carattere ambiguo il terrore è assicurato. In ogni pagina serpeggia il dubbio e la follia e ogni cosa può essere vera o falsa allo stesso tempo. Leggerete ogni pagina con il tipico batticuore di chi, man mano che va avanti, si rende conto dell’ incubo in cui è finito, fino a quando perderà coscienza del mondo e inizierà a dubitare anche di se stesso.

La Newton Compton ha pubblicato il racconto in un’edizione carinissima facente sempre parte della collana MiniMammut: costano poco e sono bellissimi, approfittatene!

Gioco d’ottobre di R. Bradbury

Ripose la pistola nel cassetto della scrivania e chiuse il cassetto. No, non così. Così Louise non avrebbe sofferto. Sarebbe morta senza soffrire e sarebbe tutto finito. Era invece importante che questa cosa, soprattutto, durasse. Occorreva fantasia per farla durare. Come prolungare la sofferenza? E, prima di tutto, come crearla? L’uomo ritto di fronte allo specchio della camera da letto si agganciò con cura i gemelli ai polsini della camicia. Si distrasse per ascoltare il rumore dei bambini che correvano veloci in strada, fuori della calda casa a due piani: bimbi come tanti topolini grigi, come tante foglie d’autunno. Dal rumore che facevano i bambini si sapeva che giorno era dell’anno. Dalle loro grida si sapeva che sera era. Si sapeva che l’anno era avanzato. Ottobre. L’ultimo giorno di ottobre, con le maschere dipinte come teschi, le zucche intagliate, l’odore di cera di candele. No. Da qualche tempo le cose non andavano bene. Ottobre non le migliorava affatto. Semmai aveva peggiorato la situazione. Si sistemò la cravatta nera a farfalla. Se fosse primavera, pensò facendo un cenno lieve, privo di emozione, alla sua immagine nello specchio, forse una possibilità ci sarebbe stata. Ma quella sera tutto il mondo stava cadendo in rovina. Non c’era il verde della primavera, non c’era freschezza, non c’erano promesse. Udì un lieve passo di corsa in anticamera. “È Marion” si disse. “La mia piccola Marion. Con quei suoi otto anni quieti. Mai una parola. Solo quei suoi occhi grigi luminosi, quella bocca sempre atteggiata a sorpresa.”

Questo è uno dei racconti più paurosi e meglio costruiti che io abbia mai letto. Bradbury è un genio e se non conoscete Gioco d’Ottobre vi invito a leggerlo: ne rimarrete abbagliati, sconcertati e colpiti. La tecnica del racconto col finale a sorpresa qui diventa capolavoro, non voglio svelarvi nulla, perché davvero è da scoprire parola dopo parola, brivido dopo brivido.

Il racconto è contenuto nella raccolta Molto dopo Mezzanotte e io l’ho letto in questa versione vecchiotta uscita con l’Unità. Sto disperatamente cercando la raccolta ai mercatini dell’usato, visto che pare che la raccolta non venga più pubblicata da nessuno in Italia, bah!

Allora che ne dite? Vi ho convinto a leggere qualcuno di questi racconti? Ci vuole davvero pochissimo, vi basta una sola giornata! Fatelo e poi venite qui a dirmi se non avevo ragione 🙂

Buone letture!

ffirma-intera

 

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