La parola crepuscolo la amo, perché descrive uno dei miei momenti preferiti.

La luce diminuisce (o aumenta) e i contorni delle cose si confondono e ogni elemento del mondo è reso poetico, malinconico e gentile dal calore del sole che se ne va o che sorge.

È l’attimo in cui la notte e il giorno si staccano.

La mattina presto, mi piace la strada buia, i lampioni che si spengono e il cielo che si rischiara, con la luce rosata del sole che illumina i contorni della città e le ombre degli alberi dipinte sui muri dei palazzi. È come se tutto rallentasse e nel silenzio il volo di un uccello o la luce che dà vita a una pozzanghera sembrano eventi eccezionali, di cui sei custode solo tu.

L’attimo dopo il tramonto, invece, è il tuffo del mondo nel buio: il sole va via, silenzioso e splendido, arriva la notte, con le sue solitudini e le sue follie: le maschere vanno in frantumi, il buio ci svela e ci protegge.

Il crepuscolo ci ricorda, però, che il sole tornerà e ci sarà una nuova alba e un giorno pieno di rumori, finzioni, aspettative e poi di nuovo la notte, a confonderci le idee con le sue verità, a confortarci con le sue solitudini.

Ma tra la notte e il giorno, al mattino e alla sera, c’è un momento in cui verità e finzione si fondono e tutto si ferma, un passaggio, il saltello nella verità del buio o nella finzione della luce: non c’è bisogno di far nulla, è confortante, basta esserci, in silenzio, osservare, non è necessario prendere decisioni o confrontarsi con se stessi.
È il crepuscolo: possiamo far riposare i pensieri.

(Crepuscolo è una parola di Romy ????)

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