buon-junkieOggi vi parlo di un libro che ho amato moltissimo, letto al liceo e che mi è rimasto nel cuore. Non è un libro felice e non vi troverete salvezza, anzi. Per tutta la durata del romanzo respirerete frustrazione, dolore, solitudine, abbandono. È scritto da una delle menti più geniali della letteratura di tutti i tempi: Lev Tolstoj. Sto parlando di Anna Karenina, uno dei grandi classici che vi consiglio, se volete sapere com’è davvero leggere un romanzo.
Lo stile è complesso, l’attenzione dell’autore per i dettagli è quasi morbosa, ma riusciamo, grazie a questo, a vedere ogni cosa, perfino i sentimenti più oscuri dell’animo umano (che poi sono anche i nostri e questo fa davvero paura!). Se avete voglia di imbarcarvi in una lettura che possa aggiungere qualcosa alla vostra vita di lettori, allora prendete Anna Karenina e leggetelo. Dopo, sarà difficile trovare un romanzo altrettanto potente.

Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo.

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ECCEZIONALE!
ECCEZIONALE!

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Nabokov lo definì il capolavoro assoluto della letteratura del XIX secolo, Dostoevskij un esempio di perfezione totale: è Anna Karenina, romanzo circolare (si apre con la morte violenta di un operaio e si chiude allo stesso modo, con il suicidio di Anna) che affronta tematiche d’interesse attuale attraverso l’analisi di tre relazioni amorose: quella fra Dolly e Oblonsky, quella tra Kitty e Levin e, infine, quella tra Anna e Vronsky.

A testimonianza di cosa Tolstoj pensasse del matrimonio (tema affrontato anche nel romanzo breve “Sonata a Kreutzer”) la storia prende piede proprio da un matrimonio in crisi, quello fra Dolly e Oblonsky, fratello di Anna. Da San Pietroburgo Anna è chiamata dal fratello a intercedere per lui presso la moglie, che ha scoperto la sua infedeltà. Nella stazione di Mosca, Anna assiste alla morte di un operaio, travolto da un treno: un incidente-presagio che segna l’inizio del declino; alla fine del romanzo, in una sorta di espiazione della colpa che la opprime per tutta la storia, Anna si reca nel luogo dove ha compiuto i primi passi verso la distruzione e si suicida, gettandosi sotto un treno (intrinseca critica di Tolstoj al progresso proveniente da Ovest, causa della corruzione dei tradizionali costumi russi).

Scese, evitando di guardarla a lungo, come si fa col sole, ma vedeva lei, come si vede il sole, anche senza guardare.

Le tre relazioni descritte da Tolstoj sono il simbolo delle relazioni amorose e dei diversi e possibili esiti: Dolly e Oblovsky si riconciliano non per amore, ma per comodità. Nonostante la mancanza di sentimento, il loro matrimonio, fondato sull’accettazione formale delle ipocrite leggi che governano la Società Russa, riesce. Levin e Kitty, l’altra coppia che funge da allegoria del matrimonio, sono i soli a raggiungere uno status di reale serenità, merito della ritrovata fede di Levin in Dio. Infine Anna e Vronsky sono il simbolo stesso di un amore nato e cresciuto al di là delle convenzioni sociali, da queste distrutto e la cui fine riecheggia cupa sulla vita dei suoi protagonisti.

Col pretesto di affrontare la storia fallimentare dell’amore tra Anna e Vronsky, colpevole di essere fondato sulla passione (la passione femminile, cosa ancora più grave) e di infrangere con la propria esistenza le leggi sociali, Tolstoj affronta i temi a lui più cari: primo fra tutti quello dell’ipocrisia della Società Russa, dove uomini e donne mantengono quotidianamente relazioni extraconiugali nella falsità e nell’approvazione di tutti, ma si riservano il diritto di allontanare dalla propria cerchia la donna (non l’uomo! Infatti Vronsky continua ad essere accolto nei circoli aristocratici) che si è abbandonata alla passione non per diletto, non per passatempo, ma per amore.

Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d’ombra e di luce.

Anna lascia suo marito e suo figlio, tradendo il ruolo primario di una donna: quello di moglie e di madre. Infrange un’istituzione sacra com’è il vincolo matrimoniale, per fuggire e andare a vivere come concubina con l’uomo del quale si è innamorata. Anna rappresenta la critica più feroce e allo stesso tempo la dimostrazione palese di tutti i sotterfugi e le menzogne su cui si fonda la buona società russa. Per questo la Società Russa ha bisogno di nascondere Anna, occultando così i suoi stessi peccati.

La rovina di Anna inizia con l’abbandonarsi non già al desiderio carnale, che se temporaneo e circoscritto è perfino legittimato, ma all’Amore, a un amore che non conosce né Dio né Ragione. Per Anna l’unica cosa importante è essere amata da Vronsky e quando Vrosnky si rivela un uomo imperfetto come qualsiasi altro, la gelosia la consuma, distrugge l’amore e distrugge Anna stessa, fino a portarla, in una spirale di disperazione e follia, alla morte.

Io penso, disse Anna sfilandosi un guanto, che se ci sono tanti ingegni quante teste, ci sono tanti generi d’amore quanti cuori.

Anna rappresentando l’istinto, è sopraffatta e uccisa dalla passione. Dolly, che invece segue le regole fissate, riesce a dominare la gelosia, vivendo una vita mediocre e un matrimonio senza amore ma, secondo la morale comune, riuscito. Kitty, invece, ha fede, la religione, la fiducia in Dio le dona un matrimonio non passionale, non bruciante, ma sereno e leale.

La fede in Dio è un altro dei temi cari a Tolstoj, trattato prevalentemente nella figura di Levin (una specie di alter ego di Tolstoj stesso) vittima delle sue passioni e infelice all’inizio del romanzo; Levin comincia poi a comprendere l’amore per Dio, sostituendo alle passioni carnali, la passione spirituale: un passaggio che salva la sua esistenza e gli consegna la chiave della pace interiore, poiché per Tolstoj l’unico essere nel quale si può confidare è Dio stesso; gli uomini, essendo imperfetti, sono causa di sofferenza per il prossimo: la lezione è che fare di un altro essere umano il proprio dio procura una felicità ingannevole, causa della propria rovina.

L’unica salvezza possibile, all’interno della gabbia sociale, è quella spirituale: l’errore dell’uomo è l’aspirazione congenita alla Felicità, un impulso che, secondo Tolstoj, solo la mente perfetta di Dio può concepire, all’Uomo (imperfetto) non resta che coglierne l’eco nella Fede, poiché il tentativo di afferrarla lo porta, immancabilmente, all’annichilimento.
L’uomo, in sintesi, non è nato per essere felice.

Un desiderio di desideri: la malinconia.

Se avete voglia di acquistare questo imperdibile capolavoro, ecco qui alcune edizioni che io amo particolarmente:

2 thoughts on “Anna Karenina di Lev Tolstoj: vita e morte dell’amore [recensione]”

  1. Hai scritto una recensione davvero bellissima ed io mi ci ritrovo in pieno! Ho letto Anna Karenina anni fa e mi piacerebbe molto riprenderlo da una nuova prospettiva e con una più matura storia di lettrice alle spalle. Comunque ne conservo un buon ricordo:)

    1. Grazie Virginia, felicissima che ti sia piaciuta 🙂 Questo è un libro che mi ha dato tantissimo in termini di emozioni, l’ho letto da adolescente, ma è rimasto talmente tanto vivido nella mia mente che continua a strapparmi riflessioni.

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