La volete una serie che vi farà restare incollati al divano a fare binge watching? Sì? Allora munitevi di Netflix e date l’assalto alla Birmingham del primo dopoguerra, sporca, grigia, fumosa, rumorosa, piena di gente di malaffare e poveracci senza prospettive, popolata dalla fame, dalla necessità di fare soldi facili e scrollarsi di dosso l’orrore della guerra. Qui, troverete i Peaky Blinders e, occhio, perché rischiate seriamente di innamorarvi di una manica di delinquenti dal cuore (quasi) d’oro.

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Titolo Peaky Blinders
Creatore Steven Knight
Paese Regno Unito
Anno 2013 – in produzione
Genere drammatico, gangster, in costume
Stagioni 3 – in corso
Episodi totali finora pubblicati 18
Durata 60 min (episodio)
Dove guardarla: Netflix

I personaggi

Cillian Murphy: Thomas Shelby
Sam Neill: C.I. Campbell
Helen McCrory: Polly Gray
Paul Anderson: Arthur Shelby
Iddo Goldberg: Freddie Thorne
Annabelle Wallis: Grace Burgess
Sophie Rundle: Ada Shelby
Joe Cole: John Shelby
Kate Phillips: Linda Shelby
Ned Dennehy: Charlie Strong
Tom Hardy: Alfie Solomons
Charlotte Riley: May Carleton
Noah Taylor: Darby Sabini
Aimee-Ffion Edwards: Esme Shelby

La serie:

Prima stagione | episodi 6 | 2013 | Italia, 2015
Seconda stagione | episodi 6 | 2014 | Italia, 2016
Terza stagione | episodi 6 | 2016 | Italia, 2017
Quarta stagione | episodi 6 | inedita | inedita

La trama:

La storia inizia nel 1919 nella povertà della Birmingham del primo dopoguerra dove tutti lottano per sopravvivere a un periodo particolarmente difficile dal punto di vista storico ed economico. La storia è ambientata nel quartiere di Small Heath e si focalizza particolarmente sulla famiglia Shelby, il cui capofamiglia è anche il boss della gang detta “Peaky Blinders“, dall’usanza di nascondere una lametta nel risvolto dei cappelli, in modo tale da poterla utilizzare anche come arma. La leadership di Tommy Shelby è messa a dura prova dall’arrivo in città da Belfast dello spietato poliziotto Campbell, deciso a ripulire il marcio e la delinquenza a tutti i costi, e da una donna, Grace Burgess, dal passato misterioso.

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La mia recensione

Cosa mi ha fatto amare questa serie dal primo fotogramma? Un sacco di cose. Prima di tutto la faccia di Cillian Murphy: non lo conoscevo, pur avendo recitato in film famosi (che recupererò tutti, perché ormai sono fissata con lui!). L’ho visto per la prima volta in Dunkirk (film meraviglioso che ho recensito qui) e mi ha colpito il suo viso così diverso dal 90% degli attori bellocci che ci sono in giro. Cillian è irlandese, e già questo me lo fa amare (il suo nome si pronuncia [ˈkɪliːən] e non [ˈsɪliːən]) ed è un attore estremamente espressivo, che riesce a recitare anche solo con gli occhi.

La potenza della serie, comunque, è l’unione tra un cast d’eccezione (Cillian Murphy e gli altri Peaky Blinders sono memorabili, soprattutto Arthur Shelby – interpretato da Paul Anderson – e Polly – interpretata da Helen McCrory), una sceneggiatura perfetta, sia nel linguaggio che nella successione di avvenimenti e una colonna sonora semplicemente da brivido. La prima stagione non ha in pratica alcun difetto, nelle successive due, forse, calano un po’ alcuni personaggi ma ne emergono altri (come l’immenso Alfie Solomon, interpretato da un Tom Hardy in stato di grazia) che rendono Peaky Blinders una vera e propria droga.

Prima di andare più nel dettaglio con la serie, vi parlo della colonna sonora, cui ho accennato prima: dicevo perfetta, perché ogni singolo pezzo descrive alla perfezione le scene, i colori, le luci, le ombre, i sentimenti. La musica in Peaky Blinder è fondamentale: del resto la voce cupa di Nick Cave, quella roca di Tom Waits, le chitarre taglienti dei White Stripes sono il commento musicale perfetto per una serie fatta di sangue e sentimenti violentissimi. E c’è anche il David Bowie di Black Star (che colpo al cuore!). E la musica della sigla, che ritorna nel corso della puntate a commentare i momenti salienti, vi entrerà nel cervello.

Dicevo: sangue e sentimenti. Sì, perché parliamo di criminali, allibratori, gangster pronti a tutto, gente che tagliuzza i nemici con le lamette nascoste nei cappelli, delinquenti spietati che si fanno la guerra per dominare un pezzo di città e allargarsi e uscire dal vuoto che la guerra ha lasciato fuori e dentro di loro. Quindi sì: ci sono le corse di cavalli, le guerre fra i clan, le sparatorie, le scazzottate, le banconote, i gioielli, ma anche l’amore, il tradimento, la famiglia, la morte, il dolore, lo shock dei soldati tornati dalle trincee e poi cuori spezzati, alcool e sigarette. Praticamente, è la serie da NON guardare se state cercando di darci un taglio con gli alcolici e il fumo, perché in ogni scena almeno uno dei protagonisti sta fumando e bevendo un bicchiere di whiskey. E vi giuro, vi verrà voglia di fare altrettanto.

Ogni stagione ha una sua trama, è un pezzo del percorso nella lunga e inarrestabile ascesa della famiglia Shelby, da piccoli criminali di quartiere a dominatori della scena criminale del tempo, non solo di Birmingham. La famiglia Shelby è un club esclusivo, unito, compatto ma nel quale la competitività e i malumori serpeggiano in continuazione: hanno tutti il loro carattere e non è semplice per Tommy (che è il secondogenito, ma il più intelligente e portato al comando dei tre fratelli Shelby) tenerli uniti. Tommy è spietato ma allo stesso tempo ha una sua etica e le sue debolezze, i problemi maggiori li ha perché, nonostante sia freddo come un serial killer, crudele anche quando si tratta della sua famiglia, non può fare a meno di provare amore per le persone a cui tiene davvero e questo lo porterà ad avere il cuore spezzato più di una volta. Perciò è semplice provare empatia per quest’uomo intelligente, coraggioso, che ha scelto la via del crimine per sopravvivere e che trascina nel suo stesso inferno coloro che lo amano e che lui ama.

Le scenografie magnifiche, con la polvere delle strade e le fiamme che escono dalle fabbriche che entrano quasi nelle case degli spettatori, le frequenti scene al rallentatore, che commentano con tocchi epici la presenza dei Peaky Blinders sulla scena, gli sguardi febbrili, furiosi, persi dei protagonisti, la sceneggiatura perfettamente calibrata coi dialoghi essenziali e i frequenti, significativi silenzi, la regia che riesce a far entrare lo spettatore fin dentro l’anima dei protagonisti, alternando momenti di pura azione ad altri introspettivi e ugualmente magnifici, rendono questa una delle migliori serie che io abbia mai visto.

I personaggi hanno tutti il loro preciso background: Tommy ha la responsabilità del comando, una cosa che non sempre gli piace, ma che ha accettato come ineluttabile, una sorta di continuo sacrificio di sé, che comprende anche il farsi odiare da chi sta proteggendo e ama; Arthur, suo fratello maggiore, istintivo e pieno di rimpianti, incline alla dipendenza (dal padre, dalle donne, dall’alcol, dalla cocaina) e alla rabbia, che ama suo fratello e lo odia in parti uguali; John, che è il minore dei fratelli, il braccio che esegue, la mano che si sporca (assieme ad Arthur) quando Tommy ordina; e poi Polly, donna all’apparenza dura, spietata, che vive cercando di governare un mondo prettamente maschile, in cui le donne non sono altro che oggetti da sfruttare o individui da zittire, che nasconde le sue paure e i suoi dolori dietro una maschera di pietra.

Menzione d’onore per un personaggio che fa la sua comparsa nella seconda stagione, Alfie Solomon, interpretato dal magnifico Tom Hardy: quando compare, la scena è tutta sua. Incredibile come Tom Hardy riesce, anche solo con i movimenti del suo corpo, a trasmettere emozioni: è un uomo spietato, sleale, crudele, senza morale, che persegue soltanto i suoi scopi, ma è interessante vedere come il suo rapporto con Tom Shelby si evolve puntata dopo puntata.

Tutto l’odio del mondo, invece, lo raccoglie il poliziotto bigotto e violento C.I. Campbell, interpretato da Sam Neill, che rende benissimo l’idea di quest’uomo di legge, corrotto dalla sua stessa intransigente morale, bigotto perché fa ricorso alla violenza tanto quanto i Peaky Blinders, ma travestendola da giustizia. É un personaggio senza luci, da odiare e basta.

É una serie piena di violenza ma anche di sentimenti, dicevo, solo che  l’amore non è più gentile delle coltellate, anzi. Come un proiettile nel cuore, l’amore è violento, doloroso, furioso, fa sanguinare, profuma di tradimento, sconfitta, vendetta. É shakespeariano, solo per brevi momenti presenta il suo volto gentile, illusorio, il tempo di innamorarsi e perdersi.

Guardate Peaky Blinders, innamoratevi di questa serie magnifica, un capolavoro imperdibile che consiglio davvero a tutti. A breve arriverà la quarta stagione, e io non vedo l’ora!

2 thoughts on “La recensione di Peaky Blinders: cavalli, gangster, Nick Cave e cuori spezzati”

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