Mafia e magia: in linguistica, una coppia minima. Le coppie minime le ho studiate all’Università, per l’esame di Linguistica Generale: sono quelle coppie di parole di una stessa lingua in cui, cambiando un solo suono, cambia l’intero significato.

Come magia e mafia.

Ai bambini di solito si parla di magia, no?
E invece Simona Dolce, col suo La battaglia delle bambine, edito Mondadori, sceglie di parlare di mafia, ma anche di speranza e coraggio, le armi contro questo terribile nemico.

Titolo: La battaglia delle bambine, insieme contro la mafia.
Autore: Simona Dolce
Anno: 2019
Pagine: 228
Target: da 10 a 14 anni
Formato: cartonato con sovraccoperta

Acquista: cartaceo | ebook

Trama: Palermo, agosto 1991: in una strada piena di rumori, vita e odori, cinque ragazzine si alleano contro la banda dei maschi presuntuosi che le ha prese di mira. Un giorno nei loro giochi spensierati irrompe la realtà, a dimostrare che la mafia non è solo una parola scandita dai telegiornali, ma esiste davvero e si convincono che insieme potranno sconfiggerla.
A Palermo c’è anche una fotografa coraggiosa che non vuole lasciarsi sfuggire i volti di queste piccole donne siciliane: a una a una, riesce a catturarle con il suo obiettivo…

Simona Dolce rievoca la pulsante e complessa Sicilia di inizio anni Novanta, ispirandosi all’opera di una delle più grandi fotografe italiane, Letizia Battaglia.

La televisione dice che era da solo e, come ogni mattina, si stava recando alla sua fabbrica tessile, sotto Monte Pellegrino. I sicari hanno agito alle spalle. Gli hanno sparato al torace, poi due colpi alla testa. La televisione dice che Libero Grassi era stato un uomo controcorrente, aveva denunciato i suoi estorsori. Aveva rifiutato di pagare il pizzo.

Insieme contro la mafia è il sottotitolo: perché è lì il nodo centrale. La battaglia contro la mafia non può essere solitaria. I mafiosi basano il loro potere sull’isolamento e la paura dei singoli, sui bisogni.

La mafia si combatte tutti insieme.

Può la parola “battaglia” essere accostata alla parola “bambine”?

L’infanzia è quel periodo meraviglioso in cui si combatte per gioco e, di solito, la guerra è riservata ai maschi, le femmine giocano ad avere dei figli, a cucinare, a badare alla casa… Era così un tempo, almeno. Una distinzione ormai superata.

«I sogni ti mandano all’altro mondo» le dice. «Non devi sognare cretinate.»

Le bambine di Simona Dolce, invece, sono delle piccole guerriere e vivono in un mondo, la Palermo del 1991, dove l’imprenditore Libero Grassi è stato appena ammazzato dai mafiosi per essersi ribellato al “pizzo”.

Le bambine combattono, come e più dei maschi, come e più degli adulti. E la voce di Simona Dolce racconta con delicatezza e forza: la cronaca si mescola alla fantasia, l’avventura estiva di alcuni ragazzi si fonde con la più crudele realtà. Ed è questo a dare luce e potenza a questo romanzo.

Ma chi sono le bambine?

Bambina con il pane, Palermo, quartiere Kalsa, 1979

Agnese, capelli e occhi castani, vive col nonno e con la mamma, che lavora alla Sigma, l’azienda di Libero Grassi. Il papà è andato via, chissà dove, non tornerà.

Marialuce sogna di ballare con Freddy Mercury ed è una combattente nata.

Elda, il cui nome vuole dire proprio “battaglia”, ama i dolci e ha una sorella, Marina, con cui gioca e combina guai. Il suo papà è un sarto e la mamma non le fa mancare niente, però è costretta a seguire regole rigide, perché i suoi genitori sanno benissimo cosa si nasconde nei vicoli del loro quartiere.

Elda ripensa al coraggio e a quello che significa.
Vuol dire lottare, ma vuol dire anche rischiare.
Spegne la luce. Marina già dorme.
Ripensa anche al significato del suo nome, battaglia.
E sente che quella vera deve ancora combatterla.

Aurora è una piccola principessa: bellissima e ricca, è l’unica che i bulli del quartiere non prendono mai in giro. Perché? Perché di lei, tutti hanno paura: è la figlia di Zu Mimmo, un boss mafioso.

Cinque bambine, cinque storie diverse, un unico obiettivo: affrancarsi dalle violenze gratuiti dei bulli del quartiere, capitanati da Malpelo, il ragazzino rosso di capelli, figlio di un poliziotto che ogni giorno rischia la vita, combattendo la mafia.

Le cinque bambine diventeranno amiche con l’obiettivo di combattere la banda di Malpelo e, alla fine, scopriranno che dietro la crudeltà dei loro coetanei maschi si nascondono storie di violenza, coraggio, paura.

La bambina con il pallone, La Cala, Palermo, 1980

Scopriranno che la figlia di un boss mafioso può essere buona e gentile, che il figlio di un poliziotto può essere prepotente e spaventato. Scopriranno che i due possono perfino innamorarsi.

E scopriranno che maschi e femmine, che gruppi nemici, possono unirsi se il vero scopo è sconfiggere un nemico più grande.

Lungo tutto l’arco della vicenda, che copre più o meno l’estate del 1991, si muove la presenza confortante di Letizia Battaglia, fotografa italiana di fama internazionale, che con le sue foto in bianco e nero ha raccontato la mafia, Palermo, la vita.

Una donna con la frangetta la osserva da lontano. Ha una macchina fotografica al collo e ha uno sguardo duro e al tempo stesso dolce. Si avvina a lei e la ferma, le studia il viso. Elda mette le ortensie vicino al mento, quasi per nascondersi la faccia lì, tra i fiori. La donna scatta una foto. Poi le sorride e si allontana.
Elda è la bambina con le ortensie.

Le ortensie, Trapani, 1992

Alla fine del romanzo, le foto di Letizia Battaglia – il suo cognome dice già tutto – danno un volto alle bambine della storia, una storia bellissima, che parla di speranza e coraggio, quella speranza e quel coraggio di cui le nuove generazioni e quelle future hanno terribilmente bisogno.

Perché la mafia può essere sconfitta.
Perché la mafia muore ogni volta che un coraggioso si ribella.

È la magia di questa storia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *