Beneficènza s. f. [dal lat. beneficentia, der. di beneficus «benefico»]. – 1. Il beneficare, il far del bene, come disposizione abituale 2. Qualunque prestazione gratuita o semigratuita di beni o di servizi, che ha per scopo di recare aiuto e assistenza a persone bisognose.

“Beneficenza” è una bella parola e così, su due piedi, fa pensare a chiunque a un’attività filantropica e nobilissima. A pensarci bene, però, si tratta anche di una parola estremamente classista, una di quelle che dividono immediatamente le persone in due categorie molto lontane: quelli che la beneficenza la fanno e quelli che la ricevono, i fortunati e i meno fortunati, i ricchi e i poveri, quelli che recitano la parte dei nobili eroi generosi e i poveracci obbligati a ringraziare (e ad accontentarsi, anche. Non sia mai detto che si macchino di ingratitudine) e via dicendo.

Uno dei protagonisti di questa storia, storia di uomini e donne, è una grossa somma di denaro, proprio come una grossa quantità di miele potrebbe essere, correttamente, uno dei protagonisti di una storia di api.

Questo – bellissimo – romanzo di Kurt Vonnegut getta una luce diversa sul tema della beneficenza, che è lo spunto per parlare di tutte quelle zone d’ombra che si nascondono dietro gesti e comportamenti apparentemente nobili. Intanto, il Mr. Rosewater del titolo (l’originale è God, Bless You Mr Rosewater) è un miliardario che ha deciso di utilizzare i suoi soldi e i suoi privilegi (immeritati, è nato ricco) per aiutare gli altri, cioè i poveri, i meno fortunati.

I suoi ideali e la missione che ne consegue hanno tale valore nella vita di Eliot Rosewater ch’egli trascura la sua famiglia, la sua stessa esistenza, per utilizzare tutto ciò che possiede per aiutare chi non ha i mezzi per vivere. Questo, da suo padre e da tutti quelli incardinati in una società in cui “beneficenza” è l’attività accessoria dei ricchi fortunati, è visto come il tentativo di dilapidare il proprio patrimonio e, dunque, sintomo di pura pazzia.

Io non voglio essere come me – rispose Eliot.

Un avvocato dalla dubbia morale, incaricato di gestire i beni dei Rosewater, si mette allora in testa di far dichiarare Eliot pazzo e di far passare il patrimonio nelle mani di un lontano cugino, più facilmente manipolabile. Lo scopo finale, ovviamente, è conquistare una fetta di ricchezza per sé.

In effetti, non sembra difficile il tentativo di far passare Eliot per pazzo: beve, trascura la propria igiene, lascia casa per trasferirsi in una provincia lontana dove apre un ufficio dal quale può più facilmente aiutare le persone, usa tutti i suoi soldi per gli altri, regalandoli generosamente, sua moglie – pur amandolo e ammirando il suo buon cuore – è talmente devastata dalla quotidianità con Eliot che preferisce scappare e abbandonarlo.

Il tentativo di Kurt Vonnegut è quello di mostrarci che la nobiltà d’animo, la generosità verso il prossimo e la cura dei bisognosi non è cosa semplice e, soprattutto, che viviamo in una società corrotta in cui perfino la beneficenza dev’essere fatta secondo alcune regole, in poche parole “all’acqua di rose”, per collegarci al nome del protagonista, in maniera mediocre, senza tanto sacrificio. In questo mondo, in poche parole, si può essere buoni, sì, ma fino a un certo punto. Chi rifiuta le comodità della sua nascita, come nel caso di Eliot, chi si occupa in maniera totalizzante degli altri, sarà sempre considerato un imbecille, nonostante la sua generosità.

Voglio amare questi americani di scarto, anche se sono inutili e brutti. Questa sarà la mia opera d’arte

La beneficenza che gli altri vorrebbero che Eliot facesse, è quella più comoda, è un’altra attestazione di potere, è la compassione del padrone di cui parla Nietzsche: «l’etica del più forte è compassionevole e filantropica non tanto per un sincero sentimento di misericordia, ma come naturale conseguenza di una pienezza di potere che straripa sui sottomessi e sugli schiavi».

Eliot Rosewater, che agisce senza un tornaconto personale, secondo un’etica che è una mescolanza di carità cristiana e filantropia illuminista, mette a nudo in maniera spietata e decisamente scomoda i pregiudizi e le ipocrisie delle regole sociali: ecco perché le persone lo vedono come un pazzo, uno stupido, un individuo bizzarro. Ecco perché Eliot è un vero emarginato: in realtà, quella che Eliot fa non è banale beneficenza, ma è amare davvero il suo prossimo.

Alludo a quel suo insistere sul fatto che bisognava dire la verità sul conto di questa nostra malandata società, e che le parole per dirla si potevano trovare sui muri dei gabinetti.

Avrebbe potuto essere un miliardario felice, sposato con la donna che amava e da lei riamato, invidiato e ammirato per la sua generosità, se si fosse impegnato meno, se avesse dato solo una minima parte della sua ricchezza, invece Eliot vuole elargirla generosamente tutta, perché sente nella carne il privilegio di essere nato ricco in un mondo in cui nascono persone che invece non hanno nulla e, per questo, viene criticato, diventa un problema, perde famiglia, amore, credibilità. Forse è davvero pazzo, il punto per Vonnegut non è neanche questo. Il punto è che più folle di Eliot Rosewater, c’è un’Umanità che accusa, esclude e fa internare chi la ama e desidera salvarla.

…ma per amore del cielo, papà, nessuno può lavorare con i poveri senza inciampare di tanto in tanto in Karl Marx o senza inciampare nella Bibbia, se è per questo. Mi sembra terribile il modo in cui la gente, in questo paese, rifiuta di spartirsi equamente le ricchezze. Io trovo che è un governo senza cuore quello che permette a un bebè di nascere essendo già il padrone di una grossa fetta del paese, come sono nato io, e di lasciare che un altro bebè venga al mondo nudo e crudo.

La scrittura di Vonnegut non è mai patetica: questo è un libro soprattutto umoristico, che fa ridere tanto quanto fa pensare, e nel quale, incastonate in una trama surreale, vi sono frasi di una bellezza folgorante, che mostrano come potrebbero essere il mondo e l’Uomo, se tutti avessimo la capacità di vedere le cose alla maniera di Eliot Rosewater.

Se volete essere amati e non essere dimenticati, siate ragionevoli.

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