Sembra proprio che nei miti che riguardano le origini di alcuni dei luoghi più belli della Campania, un’importanza particolare la rivestano i nocchieri. Quello di Enea, Palinuro, che presta il suo nome a uno dei luoghi più belli del Cilento, Capo Palinuro, e quello di Ulisse, Baio, che pare sia stato dall’eroe omerico seppellito proprio nei luoghi dove in seguito è sorta Baia (ci troviamo nel comune di Bacoli, provincia di Napoli, nel golfo di Pozzuoli.)

Si tratta in entrambi i casi di luoghi di mare e il mare, si sa, era impossibile affrontarlo senza un abile timoniere. Gli antichi lo sapevano e davano grande importanza a questa figura che spesso agisce, nel mito, in stretta connessione con l’eroe principale.

Il mare, per Baia, è stato fondamentale: per la sua nascita, per il suo sviluppo, per la sua fine e per la sua eternità.

Baia Sommersa: la scomparsa di una città

Partiamo dall’inizio: ai Romani, quando non facevano la guerra, piaceva divertirsi (loro lo chiamavano otium, tempo libero) e il divertimento, per i Romani antichi che potevano permetterselo era rifugiarsi in splendide ville affacciate sul mare in veri e propri paradisi terrestri a mangiare, bere, leggere, rilassarsi, andare alle terme in compagnia di familiari, amici e/o amanti. Lontani dai campi di battaglia, dalla politica, dalla frenetica vita cittadina e dai rompiscatole. Proprio come piacerebbe a noi, insomma.

Ovviamente, quelli che potevano permettersi una villa sul mare erano gli aristocratici. E infatti a loro appartenevano le meravigliose dimore che hanno reso Baia splendida meta di villeggiatura tra il II secolo a.C. e il III d.C. tanto da farle meritare il nome di “piccola Roma”.

Alcuni dei vip avvistati a Baia: Giulio Cesare, Cicerone, Pompeo Magno, Marco Antonio e poi gli imperatori Augusto, Tiberio, Claudio, Caligola, Nerone, Adriano e Alessandro Severo.

Che facevano questi ricchi fortunati tutto il giorno nelle loro ville? Ce lo spiega Plinio il Giovane (nipote di quel Plinio il Vecchio che amava un po’ troppo i vulcani), proprietario di una villa sul litorale romano:

«Non vi ascolto nulla che mi penta di aver ascoltato, nessuno in mia presenza denigra niente con discorsi malevoli e, quando non riesco a scrivere bene, non rimprovero nessuno se non me stesso. Nessuna aspettativa, nessun timore mi angoscia e niente mi turba; parlo solo con me stesso e con i miei libri. O vita retta e sincera! O tempo libero dolce e nobile e più bello quasi di qualsiasi attività!».

(Voglio andare a vivere in campagna, commentò secoli dopo Toto Cutugno.)

A parte questo, le peschiere e le piscine ritrovate ci raccontano che i proprietari delle ville di Baia amavano mangiare il pesce appena pescato, in particolare le murene che qui venivano allevate (per quanto mi riguarda, inserire faccina che vomita, ma va beh, i romani erano pure quelli del garum o liquamen, una salsa ricavata dalle interiora dei pesci che non ispira niente di rassicurante a cominciare dal nome).

La pianta dell’antica città di Baia

L’insenatura di Baia anticamente era occupata da un lago (il lacus baianum) comunicante col mare aperto tramite un canale e chiuso fra due i promontori di Punta Epitaffio e Punta del Castello.

Immagine © www.baiasommersa.it

Sulle sponde del lago sorgevano le splendide ville i cui resti sono visibili ancora oggi, molti dei quali in fondo al mare. Sì, perché la caratteristica più affascinante di Baia è che la città antica è in gran parte sommersa: a causa dei bradisismi (fenomeno che dura tuttora) che hanno interessato la zona a cominciare dal IV secolo d.C. e fino al VII secolo d.C. le ville, le terme e gli splendidi complessi architettonici che avevano reso famosa Baia sono finiti sott’acqua, lasciando a vista solo la parte collinare della città.

Oggi, sia la parte della città ancora in superfice che quella sommersa sono visitabili, grazie all’opera di scavo e di studio della città iniziata dopo il casuale ritrovamento nel 1969 a Punta Epitaffio di due statue di marmo che gli studiosi hanno interpretato come protagonisti di una delle scene più famose dell’Odissea: il momento in cui Ulisse e i suoi fanno ubriacare Polifemo. Uno è Ulisse, appunto, che porge la coppa al ciclope, l’altro è un compagno che versa vino da un otre e potrebbe essere il nocchiero Baio.

immagine © www.parcosommersobaia.beniculturali.it

Il Ninfeo di Claudio

Statua di Ulisse (da Wikipedia)

I primi resti che incontriamo, davanti a Punta Epitaffio sono quelli del cosiddetto Ninfeo di Claudio, 7 metri sotto il livello del mare: il Ninfeo (per ninfeo s’intende un edificio sacro, di solito dotato di abside, i cui riti sono collegati alla presenza dell’acqua) prende il nome dell’imperatore Claudio, vissuto tra 41-54 d.C. ed è infatti risalente a quest’epoca.

Proprio qui, nel 1969, sono state ritrovate le statue di Ulisse e Baio che hanno dato il via alla campagna di scavo che ha portato a svelare la storia di Baia. Le statue che oggi si vedono nel tour della città sommersa sono, ovviamente, delle copie, gli originali sono conservati nel Museo archeologico dei Campi Flegrei nel Castello aragonese di Baia.

Statua di Baio (da Wikipedia)

Il ninfeo ha pianta rettangolare ed è grande 18 metri per 10 metri, terminava con un lato ad abside dove doveva trovarsi il gruppo scultoreo principale e la vasca. Lateralmente vi sono delle nicchie, ognuna delle quali conteneva una statua (Dioniso e membri della dinastia Giulio-Claudia). Lungo tutto il perimetro della sala c’era un canale per lo scolo dell’acqua. Si tratta, probabilmente, di un triclinium: era qui che si tenevano i banchetti, in un’atmosfera unica: la sala infatti doveva ricreare una grotta, come raccontano le finte rocce decorative e l’acqua che scorreva tutt’intorno.

La Villa dei Pisoni

Grazie a un’iscrizione, si sa che questa villa apparteneva a una famiglia molto influente, i Pisoni, della quale faceva parte un certo Gaio Calpurnio Pisone che partecipò alla “congiura pisoniana” contro Nerone. Questa fu la ragione per cui la villa, proprio al tempo di Nerone, fu espropriata ai Pisoni e inglobata nel demanio imperiale (mentre Nerone, che non era molto incline al perdono, decimava i congiuranti).

Oggi, visitando la villa si possono ammirare un grande porticato con giardino interno, le terme, e naturalmente stanze decorate con splendidi mosaici per un totale di circa 2000 mq.

La villa a protiro

Si prosegue la visita raggiungendo la villa a protiro (il protiro, nell’architettura romana, è un piccolo corridoio porticato che collega la strada esterna con l’interno della casa, insomma un vestibolo). A una profondità massima di 5 metri, tra le acque non più molto cristalline di Baia (il che rende un po’ difficile la visita) emergono i resti di una tipica villa romana, dotata di atrio centrale sul quale si affacciano le stanze, splendidamente decorate con pavimenti a mosaico bianco e nero.

Il Settore Adrianeo

Nel settore Adrianeo, così chiamato perché attribuito al periodo dell’imperatore Adriano (molte sono le somiglianze con Villa Adriana a Tivoli), si trova un complesso edilizio costituito da stanze, giardini e dalle immancabili terme, oltre che da un settore marittimo, dotato di cisterne, peschiere e difeso da barriere frangiflutti.

Baia emersa: terme, terrazzamenti, ville e alberi capovolti

E ora passiamo alla Baia non scomparsa sotto i flutti, quella rimasta aggrappata alla terra: zona facente parte del complesso archeologico delle terme (di Baia, appunto). Ci dovete andare: l’imperativo è necessario perché 1) è un luogo bellissimo, fuori dal tempo, misterioso e tranquillo e si ha l’impressione di camminare in un altro mondo 2) si gode di una vista pazzesca dell’insenatura dall’alto 3) potrete ammirare una cosa davvero singolare (di cui vi parlo più giù): uno splendido ficus che cresce al contrario, sbucando dalla volta di una grotta artificiale, nei pressi del cosiddetto Tempio di Mercurio (che sarà inserito in un mio romanzo inedito, tra l’altro, l’idea mi è venuta mentre lo scrivevo).

Gli archeologi, nel corso di circa un secolo, hanno portato alla luce un complesso architettonico dal fascino unico, edificato a ridosso di un antico cratere vulcanico, nel quale emergono per importanza tre grandi cupole. Immaginate come dovevano apparire le terme agli aristocratici viaggiatori del Grand Tour che arrivavano in zona: delle strutture non si vedevano che queste tre grandi cupole, semi-sepolte dalla rigogliosa vegetazione e dalla campagna, mentre più giù, vicino al mare, sorgeva il borgo di pescatori. Uno spettacolo incredibile.

Ora immaginate la città di Baia nel pieno della sua attività, tra la fine dell’età repubblicana e l’età augustea: un intreccio di splendide ville private, spazi pubblici, giardini, strade e, ovviamente, terme sia pubbliche che private.

Le tre cupole appartengono a quelli che sono stati definiti templi (senza esserlo davvero): il tempio di Diana, il tempio di Venere e il tempio di Mercurio. Interpretati come strutture sacre per via della loro imponenza e per alcune tracce relative alle divinità suddette, appartengono invece a un enorme complesso termale, sorto nel corso dei secoli per sfruttare appieno tutte le potenzialità naturali del luogo.

opus caementicium © www.cambridge.org

Particolarmente impressionante è la sala di Mercurio, datata al periodo augusteo, la cui volta in opus caementicium (il cementizio romano, vi metto un’immagine) rappresenta uno degli esempi più antichi di copertura emisferica di grandi dimensioni, del resto il luogo è ricchissimo di una pietra facilmente impiegabile nelle costruzioni di questo tipo: la pozzolana. Si tratta di una roccia vulcanica tipica dei Campi Flegrei (e prende il nome da Pozzuoli, infatti), molto versatile e ampiamente utilizzata nel settore edile.

Il parco archeologico delle terme di Baia si sviluppa su un pendio ed è costituito da diversi livelli di terrazzamento, collegati da rampe e scalinate.

La Villa dell’Ambulatio

Iniziamo la nostra visita dalla Villa dell’Ambulatio: splendida dimora che si sviluppa su sei terrazze digradanti verso il mare.

La servitù occupava la parte alta della villa, dove sono visibili i cubicula (delle piccole stanze da letto abbastanza spartane in quanto ad arredamento) affacciati su una grande sale centrale dotata di peristilio e dalla quale era possibile godere di una vista spettacolare sulla baia. Niente male potremmo dire, se non fosse per il non trascurabile particolare che i poveretti erano lì per lavorare mentre i loro padroni se la spassavano.

Scendendo di livello, troviamo l’elemento che dà il nome alla villa: l’ambulatio, un portico coperto dove il signore riceveva i suoi ospiti. E poi sale da pranzo, triclini, tutti dotati di una vista mozzafiato che comprendeva il maestoso profilo del Vesuvio, la linea inconfondibile di Capri, la meraviglia della costiera Sorrentina. Si giungeva fino al mare, tra ripide scalinate e portici colonnati, dove le barche attendevano gli ospiti.

Le terme di Mercurio (e il fico capovolto)

Le terme di Mercurio si trovano appena più in basso e sono state utilizzate fino al Medioevo. Qui troviamo la prima delle cupole, quella definita Tempio di Mercurio, che in realtà è una piscina (o natatio come la chiamavano i romani) di forma circolare coperta, appunto, da una cupola. Si tratta di una costruzione maestosa e d’effetto. Probabilmente, all’inizio, le terme facevano parte del Palatium di Alessandro Severo, poi hanno assunto una funzione pubblica.

Fermatevi un attimo: qui c’è da vedere una cosa singolarissima che forse è uno dei punti che attrae di più i visitatori. Si tratta di un albero, più precisamente di un fico selvatico che un giorno, in seguito a dei lavori, è stato tagliato. Le sue caparbie radici, però, sono sopravvissute e dopo un po’ il fico ha deciso di cambiare direzione, sbucando dalla parte opposta. Del resto, “Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati differenti” (che mi pare sia di Einstein, ma non ne sono certa).

Insomma, il fico è rinato, solo che adesso cresce al contrario. La storia del fico ribelle e resiliente (scusate se uso questa parola ormai diventata odiosa) è una delle cose più belle di Baia.

La Villa della Sosandra

Sosandra è uno degli attributi di Afrodite, vuol dire letteralmente “che salva gli uomini”: è dalla sala più grande della villa, infatti, che proviene una statua in in marmo della cosiddetta Aspasia, anche nota come Afrodite Sosandra appunto, che è la copia romana di un originale greco (ovviamente!). Anche in questo caso, si tratta di una villa che si sviluppa su quattro livello e dotata di scenografiche sale da pranzo, ambienti di servizi e un piccolo laconicum (un ambiente circolare, “inventato” a Sparta, da qui il nome, e che fungeva da locale per saune) decorato a stucco. Gli ultimi due livelli sono costruiti in modo da esaltare scenografici giochi d’acqua: un emiciclo e un’area scoperta.

Il settore di Venere

Ed eccoci nell’ultimo settore da visitare, il settore di Venere, così chiamato perché gli studiosi settecenteschi avevano definito alcuni ambienti del livello inferiore come “stanze di Venere”, per la raffinata decorazione. Qui la strada moderna taglia in due il complesso e quindi il cosiddetto Tempio di Venere si trova dalla parte opposta. Anche in questo caso, una piscina di pianta circolare con volta a cupola.

Nessun golfo al mondo risplende più dell’amena Baia

Orazio

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