A volte mi piace isolare versi dal resto della poesia e piegarli al mio volere, ai significati che mi servono. Ma il senso della poesia è esattamente questo: è flessibile e si adatta ai nostri spazi interiori.

Questi sono i versi finali di una poesia di Patrizia Cavalli, scomparsa a giugno di quest’anno. Come spesso accade, a volte si inizia a leggere un autore nel momento in cui lascia questo mondo, e con lei è capitato così. Ho letto davvero pochissimo, finora, ma quello che ho letto l’ho trovato bello. In particolare, questi pochi versi che ho riportato sul mio taccuino delle citazioni, assieme alla copia di un bozzetto di Schiele.

Il corpo sa esattamente cosa vuol dire assenza e cosa vuol dire presenza. Il contatto fisico è lo spartiacque che separa ciò che c’è da ciò che non c’è.

Ma la mente funziona diversamente: a volte ciò che è fisicamente lontano, è invece terribilmente vicino, e ciò che è vicino può risultare tragicamente lontano.

Sarebbe più facile affidarsi solo al corpo e basta, no? Quello che puoi toccare, esiste, il resto no, non è affar tuo. Ma invece, perdura anche ciò che non ti tocca.

Il resto, insomma.
E “il resto è per i pazzi”.

Io lo trovo bellissimo, descrive perfettamente l’Essere Umano.

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